La tradizione della Scultura in Val Gardena

Una storia lunga centinaia di anni, fatta di tradizione, passione e capacità. In questo articolo un' interessante digressione nella storia della scultura...

La tradizione della scultura in Val Gardena risale, per quanto si possa ricostruire, al Seicento. Nei relativi documenti spicca il nome di Christian Trebinger, nato nel 1580 nel maso Trëbe a San Giacomo. Proprio dalla bottega di questo maestro, che già nel 1625 viene chiamato con l’appellativo “sculptor”, esce l’altare maggiore della chiesa di S. Cristina, datato 1646. Una seconda famiglia di scultori del primo periodo della scultura in Val Gardena è quella della dinastia Vinatzer con il capostipite, Melchior Vinatzer, nato a S. Cristina nel 1622, ei figli Balthasar, Christian, Johann, Dominik, Melchior jr. e Martin. Le loro opere – crocifissi, statue di santi, altari e altri oggetti sacri – erano destinate alle chiese della Val Gardena e delle valli limitrofe, so l’altare della chiesa di San Giacomo,

Tuttavia, il fatto che la scultura abbia assunto in Val Gardena più che in altre valli delle Dolomiti e del Tirolo un ruolo di importanza così fondamentale per l’economia locale, è dovuto anche a tutte le condizioni precarie in cui la popolazione della valle, il cui sostentamento basato sull’allevamento di bestiame e sulla coltivazione dei magri terreni in alta quota, era costretta a vivere. Ho raccolto di solito bastavano appena a sfamare una famiglia per metà dell’anno per cui il cibo per la rimanente metà dell’anno doveva essere acquistato in aggiunta. So, nei mesi invernali, i contadini incominciarono a intagliare delle piccole figure di legno per guadagnarsi qualche soldo in aggiunta. All’inizio si trattava di semplici oggetti di uso domestico: piatti, cornici, supporti per orologi, piccoli crocifissi e altarini, presepi,

Questa attività secondaria invernale si sviluppò in una vera e propria industria artigianale che comprendeva appunto prodotti diversi che spaziavano da semplici giocattoli e piccole figure di carattere profano fino a sculture sacre di varie misure e alto level artistico. Secondo Franz Moroder (1847-1920), commerciante, sindaco e promotore della lingua ladina), la pittura e la doratura di queste sculture non tennero il passo con la produione dell’intaglio: probabilmente i primi scultori della Val Gardena dipingevano e doravano loro stessi i propri lavori più piccoli mentre nel Seicento e nel Settecento le figure più grandi erano soltanto scolpite in valle e poi inviate per la pittura a Castelrotto, Gudon, in Val di Funes o Bolzano e Bressanone. Fu solo più tardi, nell’Ottocento,

Intorno al 1700 in Val Gardena ci furono, così ci dicono i documenti, circa 50 scultori e intagliatori. Il numero comunque aumentò rapidamente e presto 300 e più artigiani, per poi continuare a crescere dall’inizio dell’Ottocento finché alla metà dello stesso secolo l’intaglio era praticato più o meno in ogni famiglia. So le donne, che prima si erano guadagnate un reddito condotto attraverso la produione del merletto al tombolo presto iniziarono a modo l’attività allo stesso stesso uomo. Sia i ragazzi che le ragazze imparavano a scolpire fin dalla più tenera età. Infatti, il lavoro minorile una volta non era affatto un’eccezione ma una realtà quotidiana. Ogni famiglia era specializzata nella produzione di un certo tipo di figure o oggetti in legno. In alcune si intagliavano solo cani o gatti, in altre cavallini e in altre ancora crocifissi mentre altre famiglie ancora si occupavano soltanto della pittura di questi prodotti in legno. La famosa viaggiatrice inglese Amelia Edwards (1831-1892) che si era fermata in Val Gardena in occasione del suo viaggio attraverso le Dolomiti nel 1873 scrisse nel suo libroCime inesplorate e valli poco frequentate :

“Poiché tutta la popolazione del luogo, uomini e donne, con poche eccezioni, è addestrata in qualche ramo dell’artigianato, e questo dall’età di sei o sette anni, il lavoro continua ei commercianti non cessano di comprare. Si stima che in una popolazione che all’ultimo censimento contava solo 3493 anime, ci siano duemila intagliatori, per non parlare dei pittori e doratori. Alcuni di questi intagliatori e pittori sono artisti nel vero senso della parola; altri sono semplici macchine umane che fanno giocattoli, come altrove altre macchine umane fanno scatole e fiammiferi. Un “abile” produttore di bambole produce venti dozzine di piccole bambole articolate al giorno, lunghe un pollice e mezzo, ei soli signori Insam e Prinoth ne comprano più di 30.000 alla settimana, durante tutto l’anno ”. (Amelia Edwards, p. 340-341)

Alla produione di sculture in legno si accompagnava lo sviluppo del commercio e delle relazioni commerciali nell’ambito della Monarchia asburgica e all’estero. All’inizio dell’Ottocento, so scrive Josef Steiner, amministratore di Castelrotto, c’erano un tra di giovani, uomini e donne i 18 ei 30 anni, che partivano per un anno o due come seller e venditrici ambulanti per vendere la loro merce andando da casa in casa e nei mercati del Tirolo e oltre. Le giovani donne all’inizio vendevano soprattutto merletti al tombolo, stoffe e merceria, poi anche crocifissi e giocattoli mentre gli uomini, commerciavano principalmente in crocifissi, piccole figure e giocattoli in legno. Durante i lunghi viaggi a piedi si spostavano oltre i territori della Monarchia asburgica in Germania, Olanda, Francia, Spagna, Portogallo e soprattutto Italia. Alcuni di loro si stabilirono nei maggiori centri europei facendosi spedire le sculture ei giocattoli di legno della Val Gardena. Sedi di questi mercanti, detti “ferleigher”, sono stati così affermati a Venezia, Genova, Livorno, Lisbona, Vienna, Graz, Praga, Düsseldorf, Francoforte, ma anche in Messico, a New York, Philadelphia, Charlestown, ecc.

Nel 1787-1788 lo sfruttamento intensivo (pino cembro) per l’industria del legno in Val Gardena portato a una crisi acuta che spinse il governo di Vienna a emanare un decreto che stabiliva che “per preservare il bosco del Rasciesa il numero di 300 scultori in Val Gardena doveva essere ridotto a 150” (Moroder, p. 66). A proposito della deforestazione sconsiderata, nel 1838 August Lewald (1792-1871), scrittore tedesco e autore di libri di viaggio, osservò nel suo libro Tirol from Glockner to Orteles and from Garda to Lake Constance :

“Quei poveri stolti, abbagliati dalla fortuna, tagliarono e tagliarono per cento anni e più; un cirmolo dopo l’altro fu abbattuto e trasformato sotto le loro mani in forme umane e animali, che a loro volta furono mandati in tutto il mondo per essere trasformate in denaro. Nessuno ha mai pensato di curare il benefico albero e di provvedere alla sua riproduzione, e il buon spirito della montagna, per punire questa negligenza, l’ha ormai lasciato estinguere, e quando una mattina la gente è venuta sulle rocce per tagliare i cirmoli, ha scoperto con oro che non ne era rimasto nessuno”. (Tirolo, pag. 150)

A lungo appuntamento però, le misure di protezione delle foreste non nocquero allo sviluppo dell’intaglio del legno in Val Gardena. Lentamente, fu introdotto l’uso di altri tipi di legno, principalmente l’abete rosso, sempre più importato dall’estero.

Parallelaments e più o meno indipendentemente l’una dall’altra, ma comunque influenzandosi a vicenda, l’arte dell’intaglio si sviluppò nel tempo da un lato con la realizzazione di sacre, altari o anche sculture più piccole, i cui creatori sono stati chiamati “chëi dai sanc”, e, dall’altro con l’industria dei giocattoli in legno e la produione di oggetti e figure più piccole a carattere di souvenir, i cui produttori si chiamavano “chëi dala chiena” o “snizleri”. Di quando in quando spiccano scultori eccezionali come Johann Dominik Mahlknecht (1793-1876), che si formano a Parigi e le cui sculture si trovano a tutt’oggi nelle chiese numerose e musei, o, lo scultore e pittore Josef Moroder Lusenberg (1846- 1939), che visse a Ortisei e che prima si dedicò alla scultura e poi, dopo aver frequentato l’Accademia d’Arte a Monaco,

Il commercio di giocattoli in legno beneficiò della costruzione della strada della Val Gardena avvenuta grazie all’impegno di Johann Baptist Purger, a suo tempo capo del comune di Ortisei, con la quale la valle venne collegata alla Val d’Isarco e alla ferrovia del Brennero , entrata in funzione nel 1867.

Fu indubbiamente la fondazione nel 1825 di una scuola di disegno a Ortisei, incentivata dal governo di Vienna, che contribuì a migliorare la qualità della scultura e dell’intaglio in legno in Val Gardena. La scultura, inoltre, ebbe un grande impulso negli anni 1860 quando alcuni giovani gardenesi colsero l’opportunità di studiare nelle accademie di Monaco e Vienna. Fra questi vi fu Ferdinando Demetz, che, dopo aver goduto di una formazione artistica all’Accademia di Vienna e rendendosi conto che la qualità della scultura del legno in Val Gardena, cercò il sostegno del governo per una scuola professionale artistica a Ortisei. Questa scuola, aperta nel 1872, che nel tempo conobbe diverse forme e gestioni continua ad esistere fino ad oggi come liceo artistico. Come previsto e sperato, la scuola dette un enorme impulso alla scultura: numerosi scultori con un’ottima preparazione fondarono i loro laboratori ea loro volta formarono nuovi scultori. Grande successo ebbero per esempio i laboratori di Rudolf Moroder Lenert e Ludwig Moroder. Una menzione speciale merita, inoltre, il laboratorio di Franz Tavella di La Val, anche egli allievo di Ferdinand Demetz. Indubbiamente va a lui il merito di aver sviluppato la scultura lignea gardenese al level di vera arte. Sempre grazie alla scuola, in questo periodo a fiorire fu soprattutto la produione di altari che, difatti, esportati praticamente in tutto il mondo cattolico, sicché, di conseguenza, furono fondate o ampliate number botteghe e/o imprese di arte sacra rinomate. Della costruzione di altari e delle relative vendite si occuparono, per esempio di Ferdinand Stuflesser o Josef Rifesser, che, fra l’altro, donarono gli altari delle cappelle laterali della chiesa parrocchiale di Ortisei. L’attività, che richiede diverse fasi di lavorazione, crea altresì molte opportunità di lavoro per falegnami, doratori, pittori, insegnanti della scuola d’arte, ecc., Motivo per cui numerosi lavoratori specializzati con un’ottima formazione provenient vicine, ma anche da zone più lontane della Monarchia, trovarono lavoro in Val Gardena.

Nel Novecento, sia l’industria della scultura che quella dei giocattoli in legno il cui sviluppo aveva subito un arresto durante la Prima guerra mondiale si ripresero lentamente. Benché il loro mercato più importante, la vecchia Monarchia asburgica, era scomparso, gli artisti, i laboratori e gli imprenditori ripresero gradualmente le loro attività cercando di trovare nuovi mercati. Proprio per creare nuove opportunità di vendita per gli artisti e promuovere la qualità dell’artigianato in Val Gardena nel 1920 fu fondata la cosiddetta “Ausstellungsverein“ (oggi Circolo artistico e culturale), un’associazione di artisti che si impegnava a creare opportunità per gli scultori di esporre le loro opere. Negli anni Venti il direttore artistico delle scuole d’arte di Ortisei e Selva Balsamo Stella (1882-1941) diede una spinta e un nuovo impulso estetico alla scultura della valle. Fu grazie a lui e alle scuole e in particolare a Salvatore Li Rosi, che ne fu il direttore dal 1937 al 1954, che gli artisti gardenesi trovarono nuove forme di espressione artistica. Tuttavia, a causa della rispettiva domanda sul mercato e dunque per ragioni economiche, furono spesso costretti a scendere a compromessi fra una propria originalità artistica e la necessità di un reddito. Tra gli artisti che si fecero un nome in questo periodo ricordiamo Albino Pitscheider, Vinzenz Peristi, Luis Insam e più tardi Tresl Gruber.

Dopo che la situazione si era in parte ripresa dalla Prima guerra mondiale, la produzione artistica e artigianale e soprattutto il loro commercio furono nuovamente interrotti bruscamente dalla Seconda guerra mondiale. Ma anche questa volta si ripresero. E di nuovo furono diverse iniziative a dare impulsi positivi all’arte e all’artigianato. Nel 1957, per esempio, alcuni dei soci più innovativi del Circolo artistico (l’ex Ausstellungsverein) fondarono il gruppo Ruscel, che fu attivo fino al 1968. Anche la fondazione del Museum de Gherdëina ebbe senza dubbio un effetto stimolante sulla scultura lignea in generale perché contribuì a richiamare l’attenzione della popolazione locale sul valore del patrimonio culturale e della tradizione artigianale e artistica della valle.

Con l’emergere del pantografo e della produzione in serie di figure in legno negli anni Cinquanta e Sessanta si è sentito il bisogno nel 1969 di introdurre un marchio di tutela per la scultura a mano con lo scopo di distinguerla dai prodotti fabbricati a macchina. Questa certificazione di autenticità garantiva l’unicità delle sculture lavorate a mano ed ebbe in generale un effetto positivo sull’artigianato artistico restituendo valore al lavoro di qualità e dignità agli scultori. Comunque, nel contesto della produzione seriale, alcuni artisti ruppero radicalmente con questi sviluppi, ponendosi con le loro opere in chiara opposizione alle forme e ai temi convenzionali, ma anche al materiale tradizionale legno, così tipico per la Val Gardena, cercando di reinterpretarlo o di sperimentare materiali diversi. Alcuni fra questi artisti furono Luis Piazza, Josef Kostner e soprattutto Adolf Vallazza.

Oggi, a prima vista, la scultura del legno in Val Gardena potrebbe sembrare in crisi. La produzione, perlomeno dal punto di vista quantitativo, si è notevolmente abbassata. La ditta ANRI che una volta è stata la maggiore ditta produttrice di sculture in legno della Val Gardena e che per più di un secolo ha dato lavoro a moltissimi lavoratori e lavoratrici è ormai scomparsa da più di 2 decenni. In crisi, comunque, è soprattutto la produzione di merce di massa lavorata a macchina. Inoltre, sono rimasti pochi i giovani che si entusiasmano ancora a intraprendere un apprendistato per poter svolgere il mestiere di scultore. Infine è cessata quasi completamente anche la produzione di giocattoli in legno: L’azienda Sevi, per anni il maggior produttore di giocattoli della Val Gardena e un importante datore di lavoro, soprattutto per i lavoratori e le lavoratrici a domicilio, negli anni Novanta del secolo scorso ha chiuso definitivamente i battenti dopo aver tentato un rilancio spostando la produzione di giocattoli in Asia.

Tuttavia, nell’ambito della scultura lignea anche oggi ci sono ancora delle imprese che lavorano bene. Soprattutto la costruzione di altari e la scultura nell’ambito dell’arte sacra, ma anche la scultura profana, trovano buone vendite e i lavori continuano a essere spediti dalla Val Gardena in tutto il mondo. In questo ambito i cosiddetti “ferleigher” ovvero i rivenditori di sculture così come le gallerie d’arte assumono un ruolo di raccordo tra gli scultori stessi e la clientela. Anche gli scultori stessi, comunque, si sono dati da fare. Nel 1994 fu fondata l’associazione Unika che fra l’altro offre agli artigiani e artisti ad essa associati la possibilità di esporre una volta all’anno una selezione delle loro opere. È innegabile che l’arte, cioè la produzione creativa di sculture che vada oltre all’esecuzione puramente artigianale, sia attualmente fiorente: numerosi artisti gardenesi o che hanno frequentato le scuole d’arte della Val Gardena continuano ad attirare con le loro opere l’attenzione sulla scena artistica internazionale. L’esempio di Adolf Vallazza che aveva rotto con l’artigianato tradizionale negli anni sessanta dopo una formazione artigianale tradizionale e che ormai da tempo è riconosciuto a livello internazionale, viene ora seguito dagli artisti di nuova generazione, come Bruno Walpoth, Aron Demetz o la famiglia di artisti Verginer e molti altri.

 

Edwards, Amelia: Untrodden Peaks and Unfrequented Valleys. A Midsummer Ramble in the Dolomites, Longmans, Green and Co, London, 1873, publishes by Virago Press, London 1986.

Gilbert, Josiah und George Cheetham Churchill: The Dolomite Mountains. Excursions through Tyrol, Carinthia, Carniola, & Friuli in 1861, 1862 & 1863, Longman Green, Longman, Roberts, & Green, London, 1864.

Lewald, August: Tirol vom Glockner zum Orteles und vom Garda- zum Bodensee. Verlag der literarisch-artistischen Anstalt, München, 1838.

Morley, Warner Margaret: Donkey John oft he Toy Valley, twelfth edition, Chicago, A.C. McClurg & CO, 1920.

Moroder, Franz: Das Grödner Tal, Hrsg.  Section des Deutschen u. Oesterreichischen Alpenvereins, St. Ulrich in Gröden, 1914.

Museum Gherdëina: Gröden. Eine Reise durch die Zeit, Edition Raetia, Bozen, 2018.

Museum Ladin Ciastel de Tor: Ëres tla Ladinia, Donne in Ladinia, Catalogh dat fora en ucajion dla mostra “Ëres tla Ladinia”, San Martin de Tor, 2006.

Steiner, Josef: IX. Die Grödner, in: The Collector for Statistics from Tirol, Vol. 2, Innsbruck, 1807.

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